È un lungo sfogo, crudele e pieno di
astio, quello con cui Eszter, fra le più affermate attrici teatrali
nell'Ungheria del secondo dopoguerra, si rivolge a Lórinc, il grande
amore della sua vita. Astio che ha motivazioni antiche perché Eszter
è figlia di due persone legate da una passione profonda, ma proprio
per questo esclusiva ed escludente; perché pur di origini
aristocratiche e di vecchia cultura mitteleuropea la famiglia è
poverissima e lei subisce tutte le frustrazioni legate a questa
condizione; perché, infine, la sua compagna di scuola e di giochi è
Angela Graff, incarnazione di tutto ciò che lei non è - bella,
amabile e soave - e di tutto ciò che non può avere: una famiglia
ricca e armoniosa, un fratello eroe, vestiti decenti, scarpe comode
(non quelle tagliate in punta ereditate dalla zia Irma). E su Angela
che si concentrano l'odio e la gelosia di Eszter: sentimenti tanto
radicati da indurla a compiere azioni moralmente inaccettabili. Sarà cosi per tutta la vita: perché quando Eszter, ormai
famosa, si innamora, lo farà proprio del marito della candida Angela
che non comprende niente, non vede niente, non si accorge neanche per
un istante come la sua "amica" provi l'incessante bisogno
di vederla soffrire e non riesca a reprimere il desiderio di
ucciderla.
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